SOVRASCRITTURE SENSIBILI
lavori fotografici degli allievi del corso di street photography
Tempo circolare, Tempo rettilineo.
Due modi di concepire l’esistenza della natura e quella degli uomini, nel mondo o oltre il mondo. Nella conclusione o nel ritorno, mediante ragione o attraverso rivelazione. Niente è più silenzioso del passaggio del Tempo che ci sfiora; sempre presente, talmente presente da farsi dimenticare.
La morte muore con la vita. Muore essa stessa con la morte che ha procurato, perché laddove cessa la vita, si estingue anche la morte.
Il Tempo non teme la Morte e le concede tutto lo spazio e il tempo che vuole. Quando vuole e come vuole. A suo arbitrio. Il Tempo la favorisce, mai l’arresta.
Il Tempo non sa enumerare. Non gli serve, nemmeno per misurare lo spazio. Eppure il Tempo conta, eccome! L’uno è il tutto.
Ma in un luogo il Tempo non giunge e mai si permette di affacciarsi, lasciandolo in esclusiva alla Morte. È all’entrata della grotta del fratello, segreto e pure a tutti noto, della Morte, cioè Hypnos, il Sonno. Simile a una morte momentanea il Sonno dorme su un giaciglio di polvere, il capo coronato di papaveri e riposa inerte, immemore di Tempo e di Morte; simulando la seconda, sospendendo il primo. Una caricatura del Tempo, immobile, per alcuni vecchio e paralitico, per altri sempre giovane perché lui il Tempo non passa, come per Endimione che dorme ininterrottamente.
La grotta del Sonno buia e profonda ha due porte, due uscite. Una d’avorio e una di corno. Dalla porta d’avorio escono i Sogni falsi che ingannano; attraverso l’altra, di corno, escono i Sogni veri, che si compiono e si realizzano, come i presagi. Tre sono i figli di Sonno: Morfeo, Icelo, Fàntasos.
Sonno e Morte sono fratelli, figli entrambi della Notte.
Veritas filia Temporis. Il Tempo adotta la Verità. Anzi la genera. Se il Tempo genera Verità, genera anche l’oblio, che occulta Verità.
Ma l’uomo dove è? Dove si definisce? Nella metropoli.
La metropoli come luogo-spazio di erranza.
La metropoli dove la cultura stanziale si dissolve e si trasforma in nomadismo consapevole. La metropoli come transito, attraversamento dunque.
Attraversamento come esperienza che si forma nell’interstizio aperto dal conflitto tra trascendenza e pura meccanica, tra modelli teologici e modelli logici.
La metropoli vieta qualunque proiezione durevole del soggetto, in quanto parabola non fissabile, e presenza destinata alla precaria esistenza della traccia subito cancellata.
L’inconscio diviene dunque il solo deposito universale del senso.
Da questa consapevolezza la necessità di praticare il dispositivo fotografico.
Un illusorio autoinganno.
La fotografia come il sonno e il sogno, luogo dove non alberga il tempo, ma …
Pratica e ricerca di un altrove possibile creato da frammenti di realtà, sottratti all’oblio e consegnati ad un eterno presente, sovrascritture sensibili, luoghi dove non esiste il tempo circolare o il tempo lineare. Luoghi abitati dalla presenza indissolubile della traccia, luoghi di permanenza.
Vana illusione!
Possiamo lanciare un urlo disperato, certi che non avremo risposta e nell’assordante silenzio potremo ridere, ridere a crepapelle di noi stessi, liberamente.
Gabriele Agostini
Autori
Gaia Adducchio
Chiara Antoni, Franco Gerino, Floriana Giuri, Marina Giuri, Danila Labia, Roberto Masi,Flavia Nunzi, Gianfranco Pernice, Michela Tiberi